Mura, Giovanna Angela y Caterina Soro. “Il fuoco nella fraseologia spagnola e sarda: cultura e tradizioni popolari”. Culturas Populares. Revista Electrónica 6 (enero-junio 2008).

http://www.culturaspopulares.org/textos6/articulos/mura.htm

 

ISSN: 1886-5623

 

 

Il fuoco nella fraseologia spagnola e sarda:

cultura e tradizioni popolari

 

Giovanna Angela Mura

Universidad Complutense de Madrid

Caterina Soro

Università degli Studi di Sassari

 

Riassunto

Viaggio nelle tradizioni popolari della Spagna e della Sardegna sviluppatesi attorno al campo semantico del ‘fuoco’, attraverso la comparazione del sistema fraseologico delle due lingue, lo spagnolo e il sardo.

Parole chiave: Folclore. Fraseologia. Locuzione. Fuoco. Spagnolo. Sardo.

           

Resumen

Un viaje en las tradiciones populares de España y Cerdeña referidas al campo semántico del ‘fuego’, mediante la comparación del sistema fraseológico de ambas lenguas, el español y el sardo.

Palabras clave: Folclore. Fraseología. Locución. Fuego. Español. Sardo.

 

Abstract

A voyage in the popular traditions of Spain and Sardinia, referencing the semantic realm of ‘fire’, through the comparison of the semantic systems of both languages, Spanish and Sardinian.

Keywords: Folklore. Phraseology. Idiom. Fire. Spanish. Sardinian.

 

 

INTRODUZIONE

L

’intenzione di addentrarci nell’universo culturale spagnolo e sardo, ricercando ed evidenziandone affinità, analogie e divergenze, nasce dall’interesse per la Fraseologia maturato nell’ambito degli studi universitari e dal desiderio di riflettere sulle tradizioni popolari dei due Paesi. Considerata l’ampia varietà di temi di ricerca possibili, abbiamo scelto di delimitare il campo di osservazione concentrando l’attenzione su un singolo tema. Fra i tanti possibili, abbiamo scelto il tema del ‘fuoco’, costantemente presente nella cultura dei due popoli.

 

1. Dalle locuzioni alle tradizioni

Come punto di partenza abbiamo preso in considerazione il sistema fraseologico della lingua spagnola e della lingua sarda, nostra lingua di origine. Abbiamo quindi operato un’ulteriore delimitazione preliminare, scegliendo di riferirci, all’interno del sistema fraseologico, solo alle locuzioni, ovverosia a quelle particolari combinazioni linguistiche caratterizzate da fissazione e, talvolta, da idiomaticità[1].

Per la ricerca delle unità fraseologiche abbiamo effettuato una indagine sul campo intervistando studiosi del settore e, limitatamente alla Sardegna, raccolto la testimonianza di persone anziane che conservano memoria delle espressioni linguistiche e delle tradizioni relative al fuoco in uso durante la loro infanzia. Abbiamo inoltre consultato numerosi dizionari (dizionari monolingue della lingua sarda e della lingua spagnola, dizionari bilingue italiano-sardo e italiano-spagnolo, dizionario fraseologici delle due lingue), raccolte di modi di dire in spagnolo e in sardo, testi su tradizioni, riti e feste popolari dei due Paesi.

Dalle unità fraseologiche in questo modo individuate abbiamo quindi estrapolato  le locuzioni - nominali, aggettivali, verbali, avverbiali, prepositive - relative al campo semantico del ‘fuoco’ in uso nei due paesi, ricercando, per ciascuna espressione individuata, l’espressione corrispettiva nell’altra lingua. Dopo aver raccolto le locuzioni abbiamo deciso di procedere partendo dall’esame etimologico del termine fuoco per poi analizzare le singole locuzioni e, in particolare, quelle locuzioni che rimandano al valore del fuoco nel sistema familiare, religioso e militare.

Le locuzioni individuate sono contenute nella Tabella riportata qui di seguito.  Il gran numero di locuzioni raccolte evidenzia l’importanza dell’elemento fuoco che, nelle due culture, perdura come forza vitale per l’uomo, una forza essenziale dalla sfera pagana a quella religiosa, dalla sfera familiare a quella militare[2]. Fonte di calore, di sostentamento, di lotta, símbolo di purificazione e di preghiera, il fuoco è protagonista assoluto di numerosi riti e usanze popolari, sia in ambito ispanico che in ambito sardo.

 

Tabella. Locuzioni sul tema del ‘fuoco’ in Spagna e in Sardegna[3]

 

SPAGNOLO

 

SARDO

A fuego lento

(Brujare) a fogu lenu

Alto el fuego

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A sangre y fuego

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Atizar el fuego

Acchiccare su fogu

Bautismo de fuego

Battizu de fogu

Cuentos del hogar

Cuentos al calor de la lumbre

Contos de foghile

De fuego

De fogu

Echar aceite al fuego

Ponner ozu a fogu

Echar fuego por los ojos

Catzare fogu dae ojos

Ojos de fogu

Echar leña al fuego

Azungher linna a su fogu

Azungher fogu a fogu

Entrar en fuego

Attaccare fogu

Estar entre dos fuegos

Istare tra duos fogos

Agattáresi fogu sutta e fogu subra

Fuegos arificiales

Fogos

Isparatòrios

Fuego cruzado

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Fuego de amor

Fuego de pasión

Fogu de amore

Fogu de passione

Fuego de San Antón

Fogu de Sant’Antoni

Fuego de San Juan

Fogu de Santu Giuanne

Fuego de San Telmo (o Santelmo)

Fogu de Sant’Elmu

Fuego fatuo

Fogu de campusantu 

Fogu de sas animas

Fuego griego

Fogu grecu

Grabar [algo] a fuego

Grabar [algo] a sangre

Marcar a fogu

Hacer fuego

Fagher fogu

Huir del fuego y caer en la brasa

Fuire dai su fumu e ruere in su fogu

Jugar con fuego

Giogare cun su fogu

Ischertzare cun su fogu (Chin su fogu non si brullat)

Lengua de doble filo

Limba de fogu

Limba fogulana

Limba fogaresa

Limba fogarizza

Mantener el fuego sagrado

Muntennere su fogu sagradu

Meter/Poner a fuego y sangre

Fagher fogu e fiama

Parecer que [una pers.] va a apagar un fuego

Parrere andendhe a istudare fogu

Currer/ Bolare/ Fuire che bentu

Pegar/ Prender/ Poner/ Dar/ Meter fuego

Ponner/ Allumare/ Appiccare fogu

Bogare fogu [a unu]

Poner las manos en el fuego

Ponnere sa manu in su fogu

Romper/Abrir el fuego

Abberrer fogu

Sacarle [a uno] las castañas del fuego

Bogare sa castanza dai sa braja

Volver al hogar

Torrare a su foghile

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Abile che fogu

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Brujare che fogu de contentarzu

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Caldu che fogu

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Caru che fogu

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Essere che sa mariposa, inghíria inghíria fintzas chi ruet a su fogu

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Essere pesadu che chílciu ‘e fogu

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Istare che linna mala in fogu

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Leare fogu

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Parrer tottu santos pedes a fogu

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Pippare a fogu intro

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Ponner fogu sentza fagher doa

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Ponner s’istuppa accurtzu a su fogu

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Unu fogu fughío

 

 

2. Il fuoco come casa: el hogar e su foghile

Dal latino focus  hanno origine il vocabolo fuego in spagnolo e il vocabolo fogu in sardo, nella variante logudorese.[4] Stessa derivazione hanno il termine spagnolo hogar e il termine sardo foghile, che si riferiscono al luogo della casa dove si prepara il fuoco, per estendersi poi ad indicare la casa stessa o addirittura la famiglia che vi abita, come si evince dalle seguenti definizioni:

hogar. [sm] 1. camino, focolare 2. fig casa (f) un lugar cálido y acogedor: una casa calda e accogliente 3. fig famiglia (f) tras el divorcio se rehizo un hogar: dopo il divorzio si rifece una famiglia [Laura Tam: 2004]

foghile. [sm] 1. focolare, su foghile sardu antigu haiat sa fromma de unu ferru 'e caddhu: l'antico focolare sardo aveva la forma di un ferro di cavallo [...]; 2. fagher foghile: abitare; no isco mancu inue si faghet foghile: nos so neppure dove abita [...]; 3. bettarendhe su foghile: rovinare la casa; si sighid in su visciu si ndh''ettat su foghile: se continua nel vizio rovina la famiglia [Pietro Casu: 2002]

In Spagna il vocabolo hogar viene utilizzato come sinonimo del termine ‘chimenea’ e in alcune regioni del nord (Asturias, Zamora, ecc.) si denomina ‘llar’. L’hogar veniva usato come fonte di calore e per cucinare il cibo. Solitamente da questo tipo di focolare pendeva una catena che sorreggeva una pentola, riscaldata dal calore delle braci, e il fumo che derivava dalla combustione si utilizzava per affumicare gli insaccati. Attorno all’hogar si concentrava la vita della famiglia: soprattutto d’inverno, anziani e giovani si disponevano attorno al fuoco, dedicandosi a lavori manuali o semplicemente raccontando e ascoltando storie di miti e leggende.

Il fuoco dell’hogar, della casa, ha un carattere sacro: porta male sputarci sopra, si dice che favorisca l’insorgere di malattie; e anche alimentarlo con gli avanzi di cibo, perché significherebbe ‘sporcarlo’. È al fuoco del camino che le anime dei defunti si avvicinano per riscaldarsi – il primo di novembre, il giorno di Todos los Santos – perciò, si dice, non bisogna spazzare il pavimento della cucina quella notte perché si impedirebbe alle anime di avvicinarsi al fuoco. Anche il prodotto del fuoco, la cenere, è considerato benefico, e possiede delle proprietà curative. Veniva utilizzato, tra l’altro, per curare escoriazioni, bruciature e punture di insetti.

La parola foghile, anche in sardo, ha un significato ben preciso e profondo.  All’interno della casa e della famiglia sarda la cucina - su foghile - ha un ruolo essenziale; «è l'ambiente in cui, per tradizione, si svolgono, immutati attraverso i secoli, i lavori e i riti della vita e della morte. Molto vasta, ha il pavimento in terra battuta, salvo al centro, dove, su uno stretto riquadro di mattoni appena più basso del resto della stanza, è sempre acceso un fuoco di sarmenti o di braci. Questo fuoco è sacro: vive giorno e notte, estate e inverno. Lo si spegne, per qualche giorno, solo quando la famiglia è in lutto. E' qui, davanti ad esso, che le madri partoriscono, che i vecchi raccontano le storie sanguinose delle vendette, che si stringono i contratti di lavoro, che si giurano amicizie e odii» (Le Lannou, 1979: 264-265). Secondo quanto raccontano ancora oggi gli anziani cresciuti in Sardegna in contesti agropastorali, fino al secolo scorso, quando ancora ogni ovile era considerato una casa, ogni gruppo di case un villaggio, e ogni villaggio un paese, tutte le case avevano al loro interno una cucina con un camino formato da quattro pietre incastrate nel centro della stanza, che serviva sia per riscaldarsi che per cucinare. Alla sera, dopo una lunga giornata di lavoro - nei campi o nell’ovile - tutta la famiglia si sedeva attorno al fuoco, e quando finiva la cena, i più anziani, considerati anche i più saggi, raccontavano delle storie meravigliose, per metà vere, per metà inventate. Erano favole incredibili, aneddoti divertenti, leggende antiche e racconti di magia, erano storie di vivi e di morti, di diavoli e di santi, di orchi e di maghi… Queste storie riuscivano a mantenere svegli i più piccoli e allo stesso tempo insegnavano loro le cose della vita. Venivano chiamati contos de foghile proprio perché si raccontavano attorno al fuoco. Servivano per aiutare a dimenticare la stanchezza della giornata appena trascorsa ma anche per fantasticare, per prepararsi al riposo e al lavoro del giorno successivo. Era un momento particolare per la famiglia che si riuniva, in cui il fuoco riusciva sia a riscaldare gli animi che a legare gli affetti (Enna, 2002: 5). Francesco Enna, da tempo impegnato nel campo della favolistica tradizionale sarda, nella sua opera Sos contos de foghile (1984) raccoglie numerose «fiabe, aneddoti, facezie e leggende trascritte dalla viva voce dei narratori popolari». Si tratta di una raccolta di racconti appartenti alla tradizione di varie località della Sardegna, che hanno un indubbio interesse folclorico, linguistico e storico.

Risulta chiaro, comparando i due termini - hogar e foghile -, che presentano la stessa attribuzione di significati, riferendosi entrambi alla casa come abitazione e alla casa come famiglia. In entrambe le culture, inoltre, si osserva l’antica usanza di ritrovarsi attorno al fuoco a raccontare storie, los cuentos del hogar in Spagna e sos contos de foghile in Sardegna. Un’altra locuzione testimonia l’affinità tra i due popoli, riflettendo l’importanza del focolare domestico, dove far ritorno significava anche riconciliarsi con gli affetti. Le espressioni volver al hogar e torrare a su foghile dimostrano chiaramente l’accezione di hogar e foghile come casa.

 

3. Il fuoco come elemento di purificazione

Tra le espressioni raccolte, numerose sono quelle che si rifanno al valore del fuoco come elemento purificatore. Anche in questo caso, sono state osservate non poche analogie tra le due culture. Ad esempio, sia in Spagna che in Sardegna ritroviamo due tra i riti più antichi di ordine religioso che si celebrano attorno al fuoco: el fuego de San Antón celebrato ancora oggi in Spagna e il su fogu de Sant’Antoni nell’Isola sarda, così come il rito spagnolo de el fuego de San Juan e il suo corrispettivo sardo su fogu de Santu Giuanne.

 

3.1. El fuego de San Antón in Spagna

Ogni anno in diversi paesi della Spagna, la notte tra il 16 e il 17 gennaio, si celebra la festa di Sant’Antonio. Dopo aver, per settimane, accumulato e predisposto grandi quantità di elementi combustibili, i giovani di ogni quartiere accendono un grande fuoco, la cosiddetta fogarata. Il falò attira un gran numero di spettatori, che prendono parte alla festa bevendo e mangiando specialità locali. Il giorno successivo si celebra la messa in onore del santo, cui segue una processione per le vie del paese. La festa si protrae fino a tarda notte, con racconti, canzoni, danze e balli tipici.

Anticamente, quando si allestiva la hoguera nella piazza principale del paese, i giovani a cavallo, tra le grida di incitamento dei presenti, oltrepassavano il fuoco con un salto in omaggio al Santo. Sant’Antonio, protettore degli animali, veniva omaggiato in questo modo non solo con i cavalli, ma anche con altre bestie come muli o asini. Durante la festa si usava anche chiedere l’elemosina per il Santo; il sacrestano e i chierichetti andavano di casa in casa raccogliendo prodotti alimentari (pane, salsicce, ceci, il cosiddetto pernejón - che è una parte del maiale -, ecc.) che venivano poi distribuiti pubblicamente. Il denaro ricavato era destinato al Santo. La fogarata è e rimane un rito religioso, nonostante spesso chi la prepara e chi prende parte alla festa in questa notte magica dimentica il senso profondo di questa commemorazione.

 

3.2. Su fogu de Sant’Antoni in Sardegna

Da secoli, in tutta la Sardegna, nella stessa notte  – tra il 16 e il 17 di gennaio – si venera Sant’Antonio Abate. In numerose località dell’Isola, la sera della vigilia si da fuoco a sa tuva, un grosso tronco di quercia da sughero che, per tradizione, viene individuato dai giovani del paese, dando vita a una grande foghera. Il fuoco viene acceso la sera del 16 e tenuto vivo fino alla notte successiva. «Un tempo, quando il fuoco si spegneva, molti giovani si cospargevano il viso con i resti carbonizzati del sughero» (Turchi: 2004, 290). La tradizione vuole che, in questo modo, sia ricordata la discesa di Sant’Antonio negli inferi, che con un espediente ingannò i diavoli e riuscì a portare il fuoco sulla terra, avvolta dal gelo. Si racconta che, in luoghi e notti senza tempo, quando ancora l’uomo non conosceva il fuoco, l’Isola fu investita da temperature glaciali e Sant’Antonio, pietosamente, discese negli inferi e riuscì, ingannando Lucifero, a recuperare un ramo di ferula infiammato e a portarlo sulla terra. Le scintille scaturite dal legno bruciato si sparsero per tutto il territorio, il Santo donò agli uomini luce e calore, la terra si riscaldò e diede i suoi frutti. «"Fuoco, fuoco per ogni loco" gridano tutti. "Fuoco giocondo, per tutto il mondo". E gli uomini contenti» (Angioni: 2000, 196). [5]

Una interpretazione più antica fa derivare i falò dedicati al Santo da antichi riti pagani dedicati alle divinità fecondatrici; all’interno di questa interpretazione, dal modo e dalla rapidità con cui divampano le fiamme e dall’orientamento del fumo si possono trarre auspici sul raccolto. Il rito del rogo, chiamato su fogarone, diventa quel giorno il punto di aggregazione della popolazione, che trascorre la notte a mangiare, bere e cantare in allegria attorno al fuoco. Le fiamme rappresentano le preghiere che si levano al cielo, in segno di devozione al Santo.

Come in Spagna, anche in Sardegna Sant’Antonio è considerato il protettore degli animali: era tradizione ampiamente diffusa quella di impartire una benedizione collettiva agli animali, in particolare bestie da soma, radunati la mattina della festa sul sagrato delle chiese. Questo rito ha perduto oggigiorno alcuni dei connotati tradizionali, dovuto alla progressiva scomparsa degli animali dall’economia contadina. Secondo un’antica leggenda, conosciuta come “Sant’Antonio e i maiali”, il Santo «era considerato protettore dei porcari, i quali, in suo onore, sacrificavano ogni anno un maiale. La carne del maiale arrosto, accompagnata da abbondante vino, veniva poi distribuita a tutti coloro che si intrattenevano davanti al falò preparato in onore del Santo [...]. Insieme alla carne si offriva anche un pane caratteristico, fatto apposta per l’occasione. Questo pane veniva impastato con la sapa ed aveva nome e forma diversa a seconda dei paesi. Comunemente era conosciuto come “pane di Sant’Antonio” [...]. I pastori, a gennaio, mettevano da parte un agnello, il più bello, da donare al Santo. Era l’offerta della primizia fatta alla divinità per propiziarsene i favori» (Turchi: 2004, 288).

Con le espressioni fuego de San Antonio e fogu de Sant’Antoni si denomina anche un’infezione cutanea (herpes zoster), conosciuta in Spagna anche come fuego sagrado, fuego de San Andrés o culebrilla.[6] «I sardi lo curavano facendo scaturire delle scintille da una pietra focaia e lasciandole cadere sulla pelle infiammata. Perché la cura fosse efficace doveva essere fatta da una persona che avesse ucciso in pubblico un uomo, oppure dal più giovane o dal più anziano di sette fratelli o da un pastore che avesse tutte le bestie marchiate con lo stesso segno» (Turchi, 2004: 290).

 

3.3. El fuego de San Juan in Spagna

In quanto alle espressioni fuego de San Juan e fogu de Santu Giuanne, entrambe rimandano ad un altro rito celebrato in diversi paesi della Spagna e della Sardegna che attribuisce al fuoco un carattere purificatore. Come è noto, nella religiosità popolare gli elementi della natura - l’acqua, gli alberi, i fiori, il fuoco - sono considerati segni di un’altra realtà trascendente e ineffabile. Il simbolismo elaborato sull’elemento fuoco, in concreto, ha sempre una valenza religiosa: espia i malefici delle streghe, allontana gli spiriti maligni, commemora eventi sacri.

Questa reverenza istintiva per gli elementi della natura, propria della religiosità umana, ha ispirato i riti che celebrano il cambio delle stagioni, nei solstizi e negli equinozi. Per esempio, all’inizio dell’inverno nell’emisfero nord, fin dall’antichità, si accendevano fuochi notturni per cercare di restituire forza ad un sole che giorno dopo giorno si mostrava sempre più debole. Con il ritorno della primavera, nella Pasqua florida, quando la vita rinasce nella prima domenica di luna piena, i cristiani celebravano - e tuttora celebrano - la vittoria definitiva di Cristo davanti alla morte. È il periodo in cui le giornate diventano più lunghe e rinasce la vita di piante e animali. Successivamente, nella notte di San Juan – il 24 giugno, solstizio d’estate dell’emisfero nord – al tramontare del sole, si accendono hogueras in segno di festa, col desiderio di abolire per sempre l’oscurità.

Secondo la credenza popolare – di taglio pagano – in questa notte magica si realizza la comunicazione tra il mondo profano e il mondo sacro. L’avvicinamento tra questi due mondi viene manifestato dagli uomini attraverso comportamenti che lo significano: si condivide la cena con persone estranee, ricchi e poveri fraternizzano, le donne anziane insegnano ai più giovani i riti che curano il malocchio, perché solo quella notte è possibile trasmettere il potere effettivo di tali funzioni.

I riti che hanno come protagonista il fuoco sono innumerevoli, e ciò non sorprende se si considera che il fuoco è il principale rappresentante dell’astro solare e che il culto del sole è molto diffuso in tutte le parti del mondo. La cosiddetta hoguera de San Juan, come già osservato in precedenza, è una delle celebrazioni basate sul solstizio estivo che rappresenta l’inizio di un periodo di grande importanza per la sussistenza delle società sia antiche che moderne, coincidendo con il momento in cui il raccolto da i suoi frutti. Per questo, nella notte di San Juan si prega perché il sole splenda con tutta la sua forza durante l’estate che sta iniziando in modo da facilitare la maturazione dei frutti e offrire un raccolto fortunato. È l’astro solare, quindi, simboleggiato dal fuoco, il protagonista principale di questa notte magica.

Il fuoco è considerato un elemento purificatore, liberatore, rigenerante. Già dall’antichità ci si appellava al fuoco per liberarsi da numerosi mali, dalla stregoneria, dagli spiriti maligni e addirittura dalle maledizioni sui raccolti. Il fuoco ha anche il potere di allontanare la grandine, i fulmini e le tormente. Il significato purificatore attribuito al fuoco si manifesta attraverso il rito estivo della cosiddetta fogata de San Juan, che consiste nell’accensione di grande fuochi che offriranno la loro luce all’oscurità della notte. Si tratta della notte più corta dell’anno nell’emisfero nord, uno dei momenti dell’anno in cui la distanza tra il sole e l’equatore è massima. Durante i giorni precedenti i più giovani del paese si dedicano a raccogliere il materiale combustibile che verrà poi bruciato dando luogo a grandi hogueras. Un volta che le fiamme raggiungono la loro altezza massima, si cerca di ridurle per poter iniziare a saltarci sopra. Saltare sulle braci della hoguera, danzarci attorno, calpestare la cenere ancora incandescente, far passare davanti al fuoco gli animali con l’intento di purificarli, sono pratiche che si conservano ancora oggi in diversi paesi della Spagna. I rami bruciati durante la fogata vengono poi raccolti e conservati nelle case, secondo la credenza che in questo modo si preserva l’hogar dal potere distruttivo delle fiamme.

La festività di San Juan ha origine pagana. Sembra paradossale identificare una festa così profondamente pagana con un Santo del mondo cristiano.[7] Si tratta di un rito che, essendo celebrato da moltissime persone nel mondo pagano, con il tempo si è cristianizzato. In questa data – il 24 di giugno – si suppone si commemorasse la nascita di Battista, fatto curioso se si pensa che abitualmente è la morte e non la nascita che si celebra nel calendario festivo cristiano.

San Juan è uno dei santi più festeggiati in tutta Europa e, durante quel giorno, milioni di persone con questo nome – nelle varie lingue Juan, Joan, Jean, John, Giovanni, Giuanne, ecc. – commemorano il loro onomastico. San Juan si festeggia in tutta la Spagna, ma in alcune località assume un significado speciale: ad esempio, ad Alicante, las fogueras de San Joan sono veri e propri monumenti di legno e cartone alti diversi metri chiamati ninots. Si tratta di figure satiriche che mostrano eventi di attualità e deridono personaggi del mondo della politica – nazionale e locale – o altri personaggi pubblici. I ninots vengono esposti lungo le strade della città tre giorni prima della grande notte, in cui vengono bruciati durante la cosiddetta cremá. Nella Nit del Foc, si accende una grande hoguera nella Plaza del Ayuntamiento e circa altre duecento hogueras vengono distribuite per tutta Alicante la notte del 20 giugno, durante il rito conosciuto come la plantá de hogueras. Altri atti significativi precedono la notte del fuoco, come ad esempio l’offerta dei fiori alla Virgen del Remedio (creata nel 1941), l’arrivo delle bande musicali, composte da più di duemila musicisti, e i balli tipici alicantini (Sevilla, 2007: 158).

Anche in Catalogna si usa festeggiare la nit de San Joan in maniera spettacolare: si accendono grandi hogueras per le strade e nelle spiagge, attorno alle quali la gente si riunisce per ballare, cantare e mangiare la famosa coca de piñones[8] e frutta candita. A Ciutadella, nell’isola di Minorca, la celebrazione di San Joan conferisce alla città un’aria medievale: gli uomini sfilano a suon di musica in groppa ai cavalli; la bevanda popolare tipica durante la festa è la pomada, un cocktel a base di gin e limonata. Ancora, a Icod de los Vinos (Tenerife) la notte di San Juan si usa far discendere enormi tronchi di fuoco dalla cima di un monte; e a San Pedro Manrique (Soria) si da vita ad un rito conosciuto come El paso del fuego, in cui i più coraggiosi attraversano scalzi le braci della hoguera, cercando di calpestarle con molta forza per spegnere il fuoco in segno di purificazione e libertà. A Lagunilla (Salamanca) si usa bruciare oggetti vecchi e vestiti in disuso nell’intento di distruggere gli avvenimenti negativi e scongiurare le malattie (Sevilla, 2007: 158). In questa località la festa prende il nome di Quema de la sarna y el pingajo (Sánchez, 1998: 273 in Sevilla, 2007: 158).

 

3.4. Su fogu de Santu Giuanne in Sardegna

Come in Spagna, anche in Sardegna la notte di Santu Giuanne rientra nelle celebrazioni solstiziali. Il nome associatogli deriva dalla religione cristiana perché, secondo il calendario liturgico, vi si celebra San Giovanni Battista. In questa festa, secondo un’antica credenza, il sole (rappresentato dal fuoco) sposandosi con la luna (rappresentata dall’acqua) da vita ad energie benefiche che si manifestano sulla terra e su alcuni dei suoi elementi: l’acqua, le erbe, i frutti, gli animali e anche sugli uomini. Nella tradizione della festa tanti sono i riti legati a questi elementi e da qui i rituali e gli usi dei falò e della rugiada presenti nella tradizione contadina e popolare.[9]

I falò accesi nei campi la notte di San Giovanni, oltre che essere considerati propiziatori, avevano una funzione purificatrice: vi si gettavano dentro oggetti vecchi e marci affinché il fumo che ne scaturiva tenesse lontani spiriti maligni e streghe; si riteneva, appunto, che durante questa notte le streghe si riunissero e scorazzassero per le campagne alla ricerca di erbe.[10]

Nella stessa serata del 24 giugno, durante i festeggiamenti in onore del Santo, si usava, tra coloro che volevano prendervi parte, stringere un patto e diventare “comari” e “compari”. Disposti ai due lati, uno di fronte all’altro, separati da un fuoco oramai non più vivo, muniti di una canna o un bastone di legno tenuto alle estremità da entrambi, due persone intonavano assieme una canzone, intitolata Santu Giuanne brundu:

 

Santu Giuanne brundu

corona ‘e su mundu

corona ‘e su sole

bois sezzis segnore

segnore bois sezzis

Cristu battijezzis

cun abba e cun sale

in bene e in male

in male e in bene

sorres de piaghere

sorres de allegria

tottu compares e comares mias[11]

 

Attraverso questi versi il legame tra le due persone diveniva eterno; da quel momento diventavano comare e compare de fogarone o, anche, comare e compare de Santu Giuanne. Il fuoco, considerato simbolo di forza e potenza, riusciva ancor più ad unire l’amicizia e ad esaltare la fratellanza tra le persone divenute “compari”.

In Sardegna la festa di Santu Giuanne ha un’antica tradizione; si celebra in un gran numero di paesi dell’Isola attraverso riti legati all’accensione dei fuochi, al rito del companatico, alla ricerca delle erbe; riti che nel tempo hanno assunto un valore profondo e fortemente radicato. La celebrazione presenta varianti uniche e specifiche a seconda delle caratteristiche tradizionali del territorio. Nel corso del tempo c’è stato il  mescolarsi di tradizioni antiche - pagane - e ritualità cristiana, che ha dato origine a credenze e riti in uso ancora oggi e ritrovabili per lo più nelle aree rurali.

 

3. Il fuoco come espressione di aggressività e di guerra

Comparando le locuzioni della lingua spagnola e della lingua sarda prese in esame, risulta evidente come l’elemento fuoco sia protagonista di numerose espressioni di grande forza espressiva che denotano aggresività e veemenza ed espressioni legate all’ambito militare. Fra le tante, prendiamo in considerazione le espressioni echar aceite al fuego e la sua corrispettiva sarda ponner ozu a fogu; la locuzione spagnola echar leña al fuego e quella sarda azungher linna a su fogu e la variante azungher fogu a fogu; un’espressione tipicamente spagnola, che non presenta nessuna corrisponenza in sardo apagar el fuego con bencina e, al contrario, due locuzioni molto in uso in Sardegna di cui non abbiamo trovato alcun riscontro in Spagna bogare fogu [a unu] e ponner s’istuppa accurtzu a su fogu, utilizzate tutte come sinonimi delle espressioni ugualmente idiomatiche atizar el fuego e acchiccare su fogu. Con queste locuzioni si delinea il moto violento dell’animo che si manifesta in gesti e parole aggressive, che fomenta la collera e l’ira altrui in una discussione o una lotta. Il fuoco, in questo caso, e in particolare il divampare delle fiamme, rimanda al divampare della rabbia e della aggressività.

Un’altra espressione che allude allo stesso valore di significati in entrambe le lingue è estar entre dos fuegos - in spagnolo - e istare tra duos fogos e la variante agattáresi fogu sutta e fogu subra - in sardo -. Con ciò si esprime la condizione di trovarsi in una situazione di pericolo o difficoltà o nell’indecisione di dover scegliere tra due realtà opposte e contrarie. Anche queste locuzioni usano il fuoco per esprimere la forza connessa a questo elemento.

Più specifiche dell’ambito militare sono quelle espressioni in cui il fuoco assume  il significato di scarica di armi: entrar en fuego e attaccare fogu, hacer fuego e fagher fogu, romper el fuego o abrir el fuego e abberrer fogu. Va collocata sempre in quest’ambito la locuzione sarda pippare a fogu intro che si riferisce alla consuetudine dei soldati, in trincea, di fumare tenendo dentro la bocca la parte accesa del sigaro o della sigaretta per evitare di essere avvistati dal nemico.

 

5. Considerazioni conclusive

La volontà di voler realizzare questo lavoro è nata principalmente dalla curiosità di volerci avvicinare alle affinità che accomunano la cultura sarda e quella spagnola, attraverso l’osservazione del linguaggio, delle tradizioni, della società. È nata anche dal voler dimostrare come sia possibile mettere sullo stesso piano due realtà linguistiche così vicine - ma anche così distanti - come lo spagnolo, che oltrepassa i confini della Spagna fino ad arrivare all’America Latina, parlato da milioni di persone e riconosciuto come lingua ufficiale, e il sardo, considerato lingua minoritaria e parlato esclusivamente in Sardegna, piccola isola del Mediterraneo.

Abbiamo voluto offrire il nostro seppur piccolo contributo alla conoscenza di identità che, se non considerate e giustamente valutate, andrebbero perdute. L’abbiamo fatto a partire dal tema del ‘fuoco’: è stato interessante e piacevole raccogliere informazioni a riguardo, non solo attraverso libri e dizionari, ma in particolar modo dalla voce di chi ci ha potuto raccontare un’esperienza di vita o un ricordo che fosse legato al fuoco. Un lavoro da cui abbiamo imparato il complesso mondo di significati racchiuso dentro le locuzioni elaborate a partire da un elemento naturale quale è il fuoco.

Il fuoco ingloba valori simbolici contrastanti, sia in Spagna che in Sardegna. Dal fuoco come hogar o foghile che rimanda all’idea di focolare, di accoglienza e di tepore domestico al fuoco come elemento purificatore protagonista di numerosi riti sacri, nonché il fuoco come espressione di aggressività e di guerra. In entrambe le lingue è stato possibile reperire interessanti locuzioni relativamente alle tre accezioni evidenziate. Nella maggior parte dei casi abbiamo riscontrato una corrispondenza assoluta di significato e di forma, che testimonia una larga base di tradizioni popolari comuni; talvolta, invece, non siamo riuscite a trovare alcuna corrispondenza, nonostante in questi casi le locuzioni rimandassero a una caratterizzazione del fuoco condivisa a livello di senso comune.

 

 

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[1] Per una definizione esaustiva e precisa di “locuzione” si rimanda alle proposte di Leonor Ruiz Gurillo (1997), che definisce le locuzioni come «unità fraseologiche equivalenti al lessema o al sintagma» e di Gloria Corpas (1996), che offre la seguente definizione: «unità fraseologiche del sistema della lingua con i seguenti tratti distintivi: fissazione interna, unità di significato e fissazione esterna pasemática (secondo il ruolo dell’interlocutore nell’atto comunicativo). Tali unità non costituiscono enunciati completi e, generalmente, funzionano come elementi orazionali».

[2] Si consideri che la scelta di delimitare il campo di indagine alle sole locuzioni ha fatto sì che escludessimo tutte le altre unità fraseologiche e, in particolare, i proverbi, presenti in grande quantità in entrambe le lingue.

[3] Le locuzioni sono riportate in ordine alfabetico. Si è scelto di non distinguere le locuzioni sulla base della loro categoría grammaticale, ritenendo tale differenziazione ininfluente ai fini del presente lavoro.

[4] La lingua sarda presenta diverse varietà dialettali: il campidanese (fogu; foghera), il nuorese (focu; ocu), il gallurese (foggu), il sassarese (foggu). La scelta di attenerci al dialetto logudorese è stata dettata dalla ricca quantità di materiale reperibile in questa varietà.

[5] Si rimanda alle fiabe di Melis “Come Sant’Antonio rubò il fuoco al diavolo” (2004: 26), e Atzeni e Copez “Sant’Antonio del fuoco” (2002: 88).

[6] Si tratta di una dermatosi acuta di origine virale che colpisce prevalentemente soggetti adulti e anziani e provoca manifestación fastidiose e spesso anche molto dolorose.

[7] Risulta curioso osservare la paremia che recita «Agua de por San Juan, quita vino y no da pan», riferendosi all’importanza dell’arrivo del bel tempo per la buona riuscita dei raccolti, che farebbe pensare ad una relazione tra il Santo e un altro degli elementi basici, l’acqua.

[8] È un dolce a base di pinoli conosciuto anche con il nome coca de San Joan.

[9] Non a caso gli attributi di San Giovanni sono il fuoco e l’acqua con cui si battezzava.

[10] Risulta curioso osservare che a Pamplona, in Spagna, si usa raccogliere erbe aromatiche da bruciare negli incroci delle strade per scongiurare i fulmini e le tempeste; gettare le erbe nel fuoco significa allontanare la malasorte.

[11] Trad. It. San Giovanni biondo/ corona del mondo/ corona del sole/ voi siete il signore/ il signore voi siete/ Cristo battezzaste/ con l’acqua e con il sale/ nel bene e nel male/ nel male e nel bene/ sorelle di piacere/ sorelle di allegria/ tutti compari e comari mie. Tratto da Parole in rima, una raccolta di poesie, canti e filastrocche sarde, a cura della maestra Fatima Porcu della scuola elementare di Martis (Sassari), 1999.