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Mura,
Giovanna Angela y Caterina Soro.
“Il fuoco nella fraseologia spagnola e
sarda: cultura e tradizioni popolari”. Culturas Populares. Revista
Electrónica 6
(enero-junio 2008). http://www.culturaspopulares.org/textos6/articulos/mura.htm ISSN: 1886-5623 |
Il fuoco nella fraseologia spagnola e sarda:
cultura e tradizioni popolari
Giovanna Angela Mura
Universidad Complutense de Madrid
Caterina
Soro
Università
degli Studi di Sassari
Riassunto
Viaggio nelle
tradizioni popolari della Spagna e della Sardegna sviluppatesi attorno al campo
semantico del ‘fuoco’, attraverso la comparazione del sistema fraseologico
delle due lingue, lo spagnolo e il sardo.
Parole
chiave: Folclore. Fraseologia. Locuzione. Fuoco. Spagnolo. Sardo.
Resumen
Un viaje en las tradiciones populares
de España y Cerdeña referidas al campo semántico del ‘fuego’, mediante la
comparación del sistema fraseológico de ambas lenguas, el español y el sardo.
Palabras
clave: Folclore. Fraseología. Locución. Fuego. Español.
Sardo.
Abstract
A
voyage in the popular traditions of Spain and Sardinia, referencing the
semantic realm of ‘fire’, through the comparison of the semantic systems of
both languages, Spanish and Sardinian.
Keywords:
Folklore. Phraseology. Idiom. Fire. Spanish. Sardinian.
INTRODUZIONE
L |
’intenzione di
addentrarci nell’universo culturale spagnolo e sardo, ricercando ed
evidenziandone affinità, analogie e divergenze, nasce dall’interesse per la
Fraseologia maturato nell’ambito degli studi universitari e dal desiderio di
riflettere sulle tradizioni popolari dei due Paesi. Considerata l’ampia varietà
di temi di ricerca possibili, abbiamo scelto di delimitare il campo di
osservazione concentrando l’attenzione su un singolo tema. Fra i tanti
possibili, abbiamo scelto il tema del ‘fuoco’, costantemente presente nella
cultura dei due popoli.
1. Dalle locuzioni alle
tradizioni
Come punto di partenza abbiamo preso in considerazione il sistema
fraseologico della lingua spagnola e della lingua sarda, nostra lingua di
origine. Abbiamo quindi operato un’ulteriore delimitazione preliminare,
scegliendo di riferirci, all’interno del sistema fraseologico, solo alle
locuzioni, ovverosia a quelle particolari combinazioni linguistiche
caratterizzate da fissazione e, talvolta, da idiomaticità[1].
Per la ricerca delle unità fraseologiche abbiamo effettuato una indagine
sul campo intervistando studiosi del settore e, limitatamente alla Sardegna,
raccolto la testimonianza di persone anziane che conservano memoria delle
espressioni linguistiche e delle tradizioni relative al fuoco in uso durante la
loro infanzia. Abbiamo inoltre consultato numerosi dizionari (dizionari
monolingue della lingua sarda e della lingua spagnola, dizionari bilingue
italiano-sardo e italiano-spagnolo, dizionario fraseologici delle due lingue),
raccolte di modi di dire in spagnolo e in sardo, testi su tradizioni, riti e
feste popolari dei due Paesi.
Dalle unità fraseologiche in questo modo individuate abbiamo quindi
estrapolato le locuzioni -
nominali, aggettivali, verbali, avverbiali, prepositive - relative al campo
semantico del ‘fuoco’ in uso nei due paesi, ricercando, per ciascuna
espressione individuata, l’espressione corrispettiva nell’altra lingua. Dopo
aver raccolto le locuzioni abbiamo deciso di procedere partendo dall’esame
etimologico del termine fuoco per poi analizzare le singole locuzioni e, in
particolare, quelle locuzioni che rimandano al valore del fuoco nel sistema
familiare, religioso e militare.
Le locuzioni individuate sono contenute nella Tabella riportata qui di
seguito. Il gran numero di
locuzioni raccolte evidenzia l’importanza dell’elemento fuoco che, nelle due
culture, perdura come forza vitale per l’uomo, una forza essenziale dalla sfera
pagana a quella religiosa, dalla sfera familiare a quella militare[2].
Fonte di calore, di sostentamento, di lotta, símbolo di purificazione e di
preghiera, il fuoco è protagonista assoluto di numerosi riti e usanze popolari,
sia in ambito ispanico che in ambito sardo.
Tabella. Locuzioni sul tema del ‘fuoco’ in Spagna e in Sardegna[3]
SPAGNOLO |
SARDO |
A fuego lento |
(Brujare) a fogu
lenu |
Alto el fuego |
----- |
A sangre y fuego |
----- |
Atizar el fuego |
Acchiccare su
fogu |
Bautismo de
fuego |
Battizu de fogu |
Cuentos del hogar Cuentos al calor de la lumbre |
Contos de
foghile |
De fuego |
De fogu |
Echar aceite al
fuego |
Ponner ozu a
fogu |
Echar fuego por
los ojos |
Catzare fogu dae ojos Ojos de fogu |
Echar leña al
fuego |
Azungher linna a su fogu Azungher fogu a fogu |
Entrar en fuego |
Attaccare fogu |
Estar entre dos
fuegos |
Istare tra duos fogos Agattáresi fogu sutta e fogu
subra |
Fuegos
arificiales |
Fogos Isparatòrios |
Fuego cruzado |
----- |
Fuego de amor Fuego de pasión |
Fogu de amore Fogu de passione |
Fuego de San
Antón |
Fogu de
Sant’Antoni |
Fuego de San
Juan |
Fogu de Santu
Giuanne |
Fuego de San
Telmo (o Santelmo) |
Fogu de
Sant’Elmu |
Fuego fatuo |
Fogu de campusantu Fogu de sas animas |
Fuego griego |
Fogu grecu |
Grabar [algo] a fuego Grabar [algo] a sangre |
Marcar a fogu |
Hacer fuego |
Fagher fogu |
Huir del fuego y
caer en la brasa |
Fuire dai su
fumu e ruere in su fogu |
Jugar con fuego |
Giogare cun su fogu Ischertzare cun su fogu
(Chin su fogu non si brullat) |
Lengua de doble
filo |
Limba de fogu Limba fogulana Limba fogaresa Limba fogarizza |
Mantener el
fuego sagrado |
Muntennere su
fogu sagradu |
Meter/Poner a fuego y sangre |
Fagher fogu e
fiama |
Parecer que [una pers.] va a
apagar un fuego |
Parrere andendhe a istudare
fogu Currer/ Bolare/ Fuire che
bentu |
Pegar/ Prender/ Poner/ Dar/ Meter fuego |
Ponner/ Allumare/ Appiccare
fogu Bogare fogu [a unu] |
Poner las manos
en el fuego |
Ponnere sa manu
in su fogu |
Romper/Abrir el
fuego |
Abberrer fogu |
Sacarle [a uno]
las castañas del fuego |
Bogare sa
castanza dai sa braja |
Volver al hogar |
Torrare a su
foghile |
----- |
Abile che fogu |
----- |
Brujare che fogu
de contentarzu |
----- |
Caldu che fogu |
----- |
Caru che fogu |
----- |
Essere che sa mariposa,
inghíria inghíria fintzas chi ruet a su fogu |
----- |
Essere pesadu
che chílciu ‘e fogu |
----- |
Istare che linna
mala in fogu |
----- |
Leare fogu |
----- |
Parrer tottu santos pedes a fogu |
----- |
Pippare a fogu
intro |
----- |
Ponner fogu
sentza fagher doa |
----- |
Ponner s’istuppa
accurtzu a su fogu |
----- |
Unu fogu fughío |
2. Il fuoco
come casa: el hogar e su foghile
Dal latino focus hanno origine il vocabolo fuego in spagnolo e il vocabolo fogu
in sardo,
nella variante logudorese.[4]
Stessa derivazione hanno il termine spagnolo hogar e il termine sardo foghile, che si riferiscono al luogo
della casa dove si prepara il fuoco, per estendersi poi ad indicare la casa
stessa o addirittura la famiglia che vi abita, come si evince dalle seguenti
definizioni:
hogar. [sm] 1. camino, focolare 2. fig casa (f) un
lugar cálido y acogedor: una casa calda e accogliente 3. fig famiglia (f)
tras el divorcio se rehizo un hogar: dopo il divorzio si
rifece una famiglia [Laura Tam: 2004]
foghile. [sm] 1. focolare, su
foghile sardu antigu haiat sa fromma de unu ferru 'e caddhu: l'antico
focolare sardo aveva la forma di un ferro di cavallo [...]; 2. fagher
foghile: abitare; no isco mancu inue si faghet foghile: nos so neppure dove
abita [...]; 3. bettarendhe su foghile: rovinare la casa; si
sighid in su visciu si ndh''ettat su foghile: se continua nel
vizio rovina la famiglia [Pietro Casu: 2002]
In Spagna il vocabolo hogar viene utilizzato come sinonimo del termine ‘chimenea’ e in alcune regioni del nord
(Asturias, Zamora, ecc.) si denomina ‘llar’. L’hogar veniva usato come fonte di calore e
per cucinare il cibo. Solitamente da questo tipo di focolare pendeva una catena
che sorreggeva una pentola, riscaldata dal calore delle braci, e il fumo che
derivava dalla combustione si utilizzava per affumicare gli insaccati. Attorno
all’hogar
si concentrava la vita della famiglia: soprattutto d’inverno, anziani e giovani
si disponevano attorno al fuoco, dedicandosi a lavori manuali o semplicemente
raccontando e ascoltando storie di miti e leggende.
Il fuoco dell’hogar, della casa, ha un carattere sacro: porta male sputarci
sopra, si dice che favorisca l’insorgere di malattie; e anche alimentarlo con
gli avanzi di cibo, perché significherebbe ‘sporcarlo’. È al fuoco del camino
che le anime dei defunti si avvicinano per riscaldarsi – il primo di novembre,
il giorno di Todos los Santos – perciò, si dice, non bisogna spazzare il pavimento
della cucina quella notte perché si impedirebbe alle anime di avvicinarsi al
fuoco. Anche il prodotto del fuoco, la cenere, è considerato benefico, e
possiede delle proprietà curative. Veniva utilizzato, tra l’altro, per curare
escoriazioni, bruciature e punture di insetti.
La parola foghile, anche in sardo, ha un significato ben preciso e profondo. All’interno della casa e della famiglia
sarda la cucina - su foghile - ha un ruolo essenziale; «è l'ambiente in cui, per
tradizione, si svolgono, immutati attraverso i secoli, i lavori e i riti della
vita e della morte. Molto vasta, ha il pavimento in terra battuta, salvo al
centro, dove, su uno stretto riquadro di mattoni appena più basso del resto
della stanza, è sempre acceso un fuoco di sarmenti o di braci. Questo fuoco è sacro: vive
giorno e notte, estate e inverno. Lo si spegne, per qualche giorno, solo quando la famiglia
è in lutto. E' qui, davanti ad esso, che le madri partoriscono, che i vecchi
raccontano le storie sanguinose delle vendette, che si stringono i contratti di
lavoro, che si giurano amicizie e odii» (Le Lannou, 1979: 264-265). Secondo
quanto raccontano ancora oggi gli anziani cresciuti in Sardegna in contesti
agropastorali, fino al secolo scorso, quando ancora ogni ovile era considerato
una casa, ogni gruppo di case un villaggio, e ogni villaggio un paese, tutte le
case avevano al loro interno una cucina con un camino formato da quattro pietre
incastrate nel centro della stanza, che serviva sia per riscaldarsi che per
cucinare. Alla sera, dopo una lunga giornata di lavoro - nei campi o nell’ovile
- tutta la famiglia si sedeva attorno al fuoco, e quando finiva la cena, i più
anziani, considerati anche i più saggi, raccontavano delle storie meravigliose,
per metà vere, per metà inventate. Erano favole incredibili, aneddoti
divertenti, leggende antiche e racconti di magia, erano storie di vivi e di
morti, di diavoli e di santi, di orchi e di maghi… Queste storie riuscivano a
mantenere svegli i più piccoli e allo stesso tempo insegnavano loro le cose
della vita. Venivano chiamati contos de foghile proprio perché si raccontavano
attorno al fuoco. Servivano per aiutare a dimenticare la stanchezza della
giornata appena trascorsa ma anche per fantasticare, per prepararsi al riposo e
al lavoro del giorno successivo. Era un momento particolare per la famiglia che
si riuniva, in cui il fuoco riusciva sia a riscaldare gli animi che a legare
gli affetti (Enna, 2002: 5). Francesco Enna, da tempo impegnato nel campo della
favolistica tradizionale sarda, nella sua opera Sos contos de foghile (1984) raccoglie numerose
«fiabe, aneddoti, facezie e leggende trascritte dalla viva voce dei narratori
popolari». Si tratta di una raccolta di racconti appartenti alla tradizione di
varie località della Sardegna, che hanno un indubbio interesse folclorico,
linguistico e storico.
Risulta chiaro, comparando i due termini - hogar e foghile -, che presentano la stessa
attribuzione di significati, riferendosi entrambi alla casa come abitazione e
alla casa come famiglia. In entrambe le culture, inoltre, si osserva l’antica
usanza di ritrovarsi attorno al fuoco a raccontare storie, los cuentos del
hogar in
Spagna e sos contos de foghile in Sardegna. Un’altra locuzione testimonia l’affinità
tra i due popoli, riflettendo l’importanza del focolare domestico, dove far
ritorno significava anche riconciliarsi con gli affetti. Le espressioni volver
al hogar e torrare
a su foghile
dimostrano chiaramente l’accezione di hogar e foghile come casa.
3. Il fuoco
come elemento di purificazione
Tra le espressioni raccolte, numerose sono quelle che si rifanno al valore
del fuoco come elemento purificatore. Anche in questo caso, sono state
osservate non poche analogie tra le due culture. Ad esempio, sia in Spagna che
in Sardegna ritroviamo due tra i riti più antichi di ordine religioso che si
celebrano attorno al fuoco: el fuego de San Antón celebrato ancora oggi in Spagna e il su
fogu de Sant’Antoni nell’Isola sarda, così come il rito spagnolo de el fuego de San Juan e il suo corrispettivo sardo su
fogu de Santu Giuanne.
3.1. El fuego de San Antón in Spagna
Ogni anno in diversi paesi della Spagna, la notte tra il 16 e il 17
gennaio, si celebra la festa di Sant’Antonio. Dopo aver, per settimane, accumulato
e predisposto grandi quantità di elementi combustibili, i giovani di ogni
quartiere accendono un grande fuoco, la cosiddetta fogarata. Il falò attira un gran
numero di spettatori, che prendono parte alla festa bevendo e mangiando
specialità locali. Il giorno successivo si celebra la messa in onore del santo,
cui segue una processione per le vie del paese. La festa si protrae fino a
tarda notte, con racconti, canzoni, danze e balli tipici.
Anticamente, quando si allestiva la hoguera nella piazza principale del paese, i
giovani a cavallo, tra le grida di incitamento dei presenti, oltrepassavano il
fuoco con un salto in omaggio al Santo. Sant’Antonio, protettore degli animali,
veniva omaggiato in questo modo non solo con i cavalli, ma anche con altre bestie
come muli o asini. Durante la festa si usava anche chiedere l’elemosina per il
Santo; il sacrestano e i chierichetti andavano di casa in casa raccogliendo
prodotti alimentari (pane, salsicce, ceci, il cosiddetto pernejón - che è una parte del maiale
-, ecc.) che venivano poi distribuiti pubblicamente. Il denaro ricavato era
destinato al Santo. La fogarata è e rimane un rito religioso, nonostante spesso chi la
prepara e chi prende parte alla festa in questa notte magica dimentica il senso
profondo di questa commemorazione.
3.2. Su fogu
de Sant’Antoni in Sardegna
Da secoli, in tutta la Sardegna, nella stessa notte – tra il 16 e il 17 di gennaio – si
venera Sant’Antonio Abate. In numerose località dell’Isola, la sera della
vigilia si da fuoco a sa tuva, un grosso tronco di quercia da sughero che, per
tradizione, viene individuato dai giovani del paese, dando vita a una grande foghera. Il fuoco viene acceso la
sera del 16 e tenuto vivo fino alla notte successiva. «Un tempo, quando il
fuoco si spegneva, molti giovani si cospargevano il viso con i resti
carbonizzati del sughero» (Turchi: 2004, 290). La tradizione vuole che, in
questo modo, sia ricordata la discesa di Sant’Antonio negli inferi, che con un
espediente ingannò i diavoli e riuscì a portare il fuoco sulla terra, avvolta
dal gelo. Si racconta che, in luoghi e notti senza tempo, quando ancora l’uomo
non conosceva il fuoco, l’Isola fu investita da temperature glaciali e
Sant’Antonio, pietosamente, discese negli inferi e riuscì, ingannando Lucifero,
a recuperare un ramo di ferula infiammato e a portarlo sulla terra. Le
scintille scaturite dal legno bruciato si sparsero per tutto il territorio, il
Santo donò agli uomini luce e calore, la terra si riscaldò e diede i suoi
frutti. «"Fuoco, fuoco per ogni loco" gridano tutti. "Fuoco
giocondo, per tutto il mondo". E gli uomini contenti» (Angioni: 2000, 196). [5]
Una interpretazione più antica fa derivare i falò dedicati al Santo da
antichi riti pagani dedicati alle divinità fecondatrici; all’interno di questa
interpretazione, dal modo e dalla rapidità con cui divampano le fiamme e
dall’orientamento del fumo si possono trarre auspici sul raccolto. Il rito del
rogo, chiamato su fogarone, diventa quel giorno il punto di aggregazione della
popolazione, che trascorre la notte a mangiare, bere e cantare in allegria
attorno al fuoco. Le fiamme rappresentano le preghiere che si levano al cielo,
in segno di devozione al Santo.
Come in Spagna, anche in Sardegna Sant’Antonio è considerato il protettore
degli animali: era tradizione ampiamente diffusa quella di impartire una
benedizione collettiva agli animali, in particolare bestie da soma, radunati la
mattina della festa sul sagrato delle chiese. Questo rito ha perduto oggigiorno
alcuni dei connotati tradizionali, dovuto alla progressiva scomparsa degli
animali dall’economia contadina. Secondo un’antica leggenda, conosciuta come
“Sant’Antonio e i maiali”, il Santo «era considerato protettore dei porcari, i
quali, in suo onore, sacrificavano ogni anno un maiale. La carne del maiale
arrosto, accompagnata da abbondante vino, veniva poi distribuita a tutti coloro
che si intrattenevano davanti al falò preparato in onore del Santo [...].
Insieme alla carne si offriva anche un pane caratteristico, fatto apposta per
l’occasione. Questo pane veniva impastato con la sapa ed aveva nome e forma
diversa a seconda dei paesi. Comunemente era conosciuto come “pane di
Sant’Antonio” [...]. I pastori, a gennaio, mettevano da parte un agnello, il
più bello, da donare al Santo. Era l’offerta della primizia fatta alla divinità
per propiziarsene i favori» (Turchi: 2004, 288).
Con le espressioni fuego de San Antonio e fogu de Sant’Antoni si denomina anche
un’infezione cutanea (herpes zoster), conosciuta in Spagna anche come fuego
sagrado, fuego
de San Andrés o culebrilla.[6]
«I sardi lo curavano facendo scaturire delle scintille da una pietra focaia e
lasciandole cadere sulla pelle infiammata. Perché la cura fosse efficace doveva
essere fatta da una persona che avesse ucciso in pubblico un uomo, oppure dal
più giovane o dal più anziano di sette fratelli o da un pastore che avesse
tutte le bestie marchiate con lo stesso segno» (Turchi, 2004: 290).
3.3. El fuego de San Juan in Spagna
In quanto alle espressioni fuego de San Juan e fogu de Santu Giuanne, entrambe rimandano ad un
altro rito celebrato in diversi paesi della Spagna e della Sardegna che
attribuisce al fuoco un carattere purificatore. Come è noto, nella religiosità
popolare gli elementi della natura - l’acqua, gli alberi, i fiori, il fuoco -
sono considerati segni di un’altra realtà trascendente e ineffabile. Il
simbolismo elaborato sull’elemento fuoco, in concreto, ha sempre una valenza
religiosa: espia i malefici delle streghe, allontana gli spiriti maligni,
commemora eventi sacri.
Questa reverenza istintiva per gli elementi della natura, propria della
religiosità umana, ha ispirato i riti che celebrano il cambio delle stagioni,
nei solstizi e negli equinozi. Per esempio, all’inizio dell’inverno
nell’emisfero nord, fin dall’antichità, si accendevano fuochi notturni per
cercare di restituire forza ad un sole che giorno dopo giorno si mostrava
sempre più debole. Con il ritorno della primavera, nella Pasqua florida, quando
la vita rinasce nella prima domenica di luna piena, i cristiani celebravano - e
tuttora celebrano - la vittoria definitiva di Cristo davanti alla morte. È il
periodo in cui le giornate diventano più lunghe e rinasce la vita di piante e
animali. Successivamente, nella notte di San Juan – il 24 giugno, solstizio d’estate
dell’emisfero nord – al tramontare del sole, si accendono hogueras in segno di festa, col
desiderio di abolire per sempre l’oscurità.
Secondo la credenza popolare – di taglio pagano – in questa notte magica si
realizza la comunicazione tra il mondo profano e il mondo sacro.
L’avvicinamento tra questi due mondi viene manifestato dagli uomini attraverso
comportamenti che lo significano: si condivide la cena con persone estranee,
ricchi e poveri fraternizzano, le donne anziane insegnano ai più giovani i riti
che curano il malocchio, perché solo quella notte è possibile trasmettere il
potere effettivo di tali funzioni.
I riti che hanno come protagonista il fuoco sono innumerevoli, e ciò non
sorprende se si considera che il fuoco è il principale rappresentante
dell’astro solare e che il culto del sole è molto diffuso in tutte le parti del
mondo. La cosiddetta hoguera de San Juan, come già osservato in precedenza, è
una delle celebrazioni basate sul solstizio estivo che rappresenta l’inizio di
un periodo di grande importanza per la sussistenza delle società sia antiche
che moderne, coincidendo con il momento in cui il raccolto da i suoi frutti.
Per questo, nella notte di San Juan si prega perché il sole splenda con
tutta la sua forza durante l’estate che sta iniziando in modo da facilitare la
maturazione dei frutti e offrire un raccolto fortunato. È l’astro solare,
quindi, simboleggiato dal fuoco, il protagonista principale di questa notte
magica.
Il fuoco è considerato un elemento purificatore, liberatore, rigenerante.
Già dall’antichità ci si appellava al fuoco per liberarsi da numerosi mali,
dalla stregoneria, dagli spiriti maligni e addirittura dalle maledizioni sui
raccolti. Il fuoco ha anche il potere di allontanare la grandine, i fulmini e
le tormente. Il significato purificatore attribuito al fuoco si manifesta
attraverso il rito estivo della cosiddetta fogata de San Juan, che consiste nell’accensione
di grande fuochi che offriranno la loro luce all’oscurità della notte. Si
tratta della notte più corta dell’anno nell’emisfero nord, uno dei momenti
dell’anno in cui la distanza tra il sole e l’equatore è massima. Durante i
giorni precedenti i più giovani del paese si dedicano a raccogliere il
materiale combustibile che verrà poi bruciato dando luogo a grandi hogueras. Un volta che le fiamme
raggiungono la loro altezza massima, si cerca di ridurle per poter iniziare a
saltarci sopra. Saltare sulle braci della hoguera, danzarci attorno, calpestare la
cenere ancora incandescente, far passare davanti al fuoco gli animali con l’intento
di purificarli, sono pratiche che si conservano ancora oggi in diversi paesi
della Spagna. I rami bruciati durante la fogata vengono poi raccolti e conservati
nelle case, secondo la credenza che in questo modo si preserva l’hogar dal potere distruttivo delle
fiamme.
La festività di San Juan ha origine pagana. Sembra paradossale identificare
una festa così profondamente pagana con un Santo del mondo cristiano.[7]
Si tratta di un rito che, essendo celebrato da moltissime persone nel mondo
pagano, con il tempo si è cristianizzato. In questa data – il 24 di giugno – si
suppone si commemorasse la nascita di Battista, fatto curioso se si pensa che
abitualmente è la morte e non la nascita che si celebra nel calendario festivo
cristiano.
San Juan è uno dei santi più festeggiati in tutta Europa e, durante quel
giorno, milioni di persone con questo nome – nelle varie lingue Juan, Joan,
Jean, John, Giovanni, Giuanne, ecc. – commemorano il loro onomastico. San Juan
si festeggia in tutta la Spagna, ma in alcune località assume un significado
speciale: ad esempio, ad Alicante, las fogueras de San Joan sono veri e propri monumenti
di legno e cartone alti diversi metri chiamati ninots. Si tratta di figure
satiriche che mostrano eventi di attualità e deridono personaggi del mondo
della politica – nazionale e locale – o altri personaggi pubblici. I ninots vengono esposti lungo le
strade della città tre giorni prima della grande notte, in cui vengono bruciati
durante la cosiddetta cremá. Nella Nit del Foc, si accende una grande hoguera nella Plaza del
Ayuntamiento
e circa altre duecento hogueras vengono distribuite per tutta Alicante la notte del 20
giugno, durante il rito conosciuto come la plantá de hogueras. Altri atti significativi
precedono la notte del fuoco, come ad esempio l’offerta dei fiori alla Virgen
del Remedio
(creata nel 1941), l’arrivo delle bande musicali, composte da più di duemila
musicisti, e i balli tipici alicantini (Sevilla, 2007: 158).
Anche in Catalogna si usa festeggiare la nit de San Joan in maniera spettacolare: si
accendono grandi hogueras per le strade e nelle spiagge, attorno alle quali la
gente si riunisce per ballare, cantare e mangiare la famosa coca de piñones[8] e frutta candita. A
Ciutadella, nell’isola di Minorca, la celebrazione di San Joan conferisce alla
città un’aria medievale: gli uomini sfilano a suon di musica in groppa ai
cavalli; la bevanda popolare tipica durante la festa è la pomada, un cocktel a base di gin e
limonata. Ancora, a Icod de los Vinos (Tenerife) la notte di San Juan si usa
far discendere enormi tronchi di fuoco dalla cima di un monte; e a San Pedro
Manrique (Soria) si da vita ad un rito conosciuto come El paso del fuego, in cui i più coraggiosi
attraversano scalzi le braci della hoguera, cercando di calpestarle con molta forza
per spegnere il fuoco in segno di purificazione e libertà. A Lagunilla
(Salamanca) si usa bruciare oggetti vecchi e vestiti in disuso nell’intento di
distruggere gli avvenimenti negativi e scongiurare le malattie (Sevilla, 2007:
158). In questa località la festa prende il
nome di Quema de la sarna y el pingajo
(Sánchez, 1998: 273 in Sevilla, 2007: 158).
3.4. Su fogu
de Santu Giuanne in Sardegna
Come in Spagna, anche in Sardegna la notte di Santu Giuanne rientra nelle celebrazioni
solstiziali. Il nome associatogli deriva dalla religione cristiana perché,
secondo il calendario liturgico, vi si celebra San Giovanni Battista. In questa
festa, secondo un’antica credenza, il sole (rappresentato dal fuoco) sposandosi
con la luna (rappresentata dall’acqua) da vita ad energie benefiche che si
manifestano sulla terra e su alcuni dei suoi elementi: l’acqua, le erbe, i
frutti, gli animali e anche sugli uomini. Nella tradizione della festa tanti
sono i riti legati a questi elementi e da qui i rituali e gli usi dei falò e
della rugiada presenti nella tradizione contadina e popolare.[9]
I falò accesi nei campi la notte di San Giovanni, oltre che essere
considerati propiziatori, avevano una funzione purificatrice: vi si gettavano
dentro oggetti vecchi e marci affinché il fumo che ne scaturiva tenesse lontani
spiriti maligni e streghe; si riteneva, appunto, che durante questa notte le
streghe si riunissero e scorazzassero per le campagne alla ricerca di erbe.[10]
Nella stessa serata del 24 giugno, durante i festeggiamenti in onore del
Santo, si usava, tra coloro che volevano prendervi parte, stringere un patto e
diventare “comari” e “compari”. Disposti ai due lati, uno di fronte all’altro,
separati da un fuoco oramai non più vivo, muniti di una canna o un bastone di
legno tenuto alle estremità da entrambi, due persone intonavano assieme una
canzone, intitolata Santu Giuanne brundu:
Santu Giuanne
brundu
corona ‘e su
mundu
corona ‘e su
sole
bois sezzis
segnore
segnore bois
sezzis
Cristu
battijezzis
cun abba e
cun sale
in bene e in
male
in male e in
bene
sorres de
piaghere
sorres de allegria
tottu compares e comares mias[11]
Attraverso questi versi il legame tra le due persone diveniva eterno; da
quel momento diventavano comare e compare de fogarone o, anche, comare e compare
de Santu Giuanne. Il fuoco, considerato simbolo di forza e potenza, riusciva ancor più ad
unire l’amicizia e ad esaltare la fratellanza tra le persone divenute
“compari”.
In Sardegna la festa di Santu Giuanne ha un’antica tradizione; si celebra
in un gran numero di paesi dell’Isola attraverso riti legati all’accensione dei
fuochi, al rito del companatico, alla ricerca delle erbe; riti che nel tempo
hanno assunto un valore profondo e fortemente radicato. La celebrazione
presenta varianti uniche e specifiche a seconda delle caratteristiche
tradizionali del territorio. Nel corso del tempo c’è stato il mescolarsi di tradizioni antiche -
pagane - e ritualità cristiana, che ha dato origine a credenze e riti in uso
ancora oggi e ritrovabili per lo più nelle aree rurali.
3. Il fuoco
come espressione di aggressività e di guerra
Comparando le locuzioni della lingua spagnola e della lingua sarda prese in
esame, risulta evidente come l’elemento fuoco sia protagonista di numerose
espressioni di grande forza espressiva che denotano aggresività e veemenza ed
espressioni legate all’ambito militare. Fra le tante, prendiamo in
considerazione le espressioni echar aceite al fuego e la sua corrispettiva sarda ponner
ozu a fogu;
la locuzione spagnola echar leña al fuego e quella sarda azungher linna a su
fogu e la
variante azungher fogu a fogu; un’espressione tipicamente spagnola, che non presenta
nessuna corrisponenza in sardo apagar el fuego con bencina e, al contrario, due
locuzioni molto in uso in Sardegna di cui non abbiamo trovato alcun riscontro
in Spagna bogare fogu [a unu] e ponner s’istuppa accurtzu a su fogu, utilizzate tutte come
sinonimi delle espressioni ugualmente idiomatiche atizar el fuego e acchiccare su fogu. Con queste locuzioni si
delinea il moto violento dell’animo che si manifesta in gesti e parole
aggressive, che fomenta la collera e l’ira altrui in una discussione o una
lotta. Il fuoco, in questo caso, e in particolare il divampare delle fiamme,
rimanda al divampare della rabbia e della aggressività.
Un’altra espressione che allude allo stesso valore di significati in
entrambe le lingue è estar entre dos fuegos - in spagnolo - e istare tra duos
fogos e la
variante agattáresi fogu sutta e fogu subra - in sardo -. Con ciò si esprime la
condizione di trovarsi in una situazione di pericolo o difficoltà o
nell’indecisione di dover scegliere tra due realtà opposte e contrarie. Anche
queste locuzioni usano il fuoco per esprimere la forza connessa a questo
elemento.
Più specifiche dell’ambito militare sono quelle espressioni in cui il fuoco
assume il significato di scarica
di armi: entrar en fuego e attaccare fogu, hacer fuego e fagher fogu, romper el fuego o abrir el fuego e abberrer fogu. Va collocata sempre in
quest’ambito la locuzione sarda pippare a fogu intro che si riferisce alla
consuetudine dei soldati, in trincea, di fumare tenendo dentro la bocca la
parte accesa del sigaro o della sigaretta per evitare di essere avvistati dal
nemico.
5.
Considerazioni conclusive
La volontà di voler realizzare questo lavoro è nata principalmente dalla
curiosità di volerci avvicinare alle affinità che accomunano la cultura sarda e
quella spagnola, attraverso l’osservazione del linguaggio, delle tradizioni,
della società. È nata anche dal voler dimostrare come sia possibile mettere
sullo stesso piano due realtà linguistiche così vicine - ma anche così distanti
- come lo spagnolo, che oltrepassa i confini della Spagna fino ad arrivare
all’America Latina, parlato da milioni di persone e riconosciuto come lingua
ufficiale, e il sardo, considerato lingua minoritaria e parlato esclusivamente
in Sardegna, piccola isola del Mediterraneo.
Abbiamo voluto offrire il nostro seppur piccolo contributo alla conoscenza
di identità che, se non considerate e giustamente valutate, andrebbero perdute.
L’abbiamo fatto a partire dal tema del ‘fuoco’: è stato interessante e
piacevole raccogliere informazioni a riguardo, non solo attraverso libri e
dizionari, ma in particolar modo dalla voce di chi ci ha potuto raccontare
un’esperienza di vita o un ricordo che fosse legato al fuoco. Un lavoro da cui
abbiamo imparato il complesso mondo di significati racchiuso dentro le
locuzioni elaborate a partire da un elemento naturale quale è il fuoco.
Il fuoco ingloba valori simbolici contrastanti, sia in Spagna che in
Sardegna. Dal fuoco come hogar o foghile che rimanda all’idea di focolare, di accoglienza e di
tepore domestico al fuoco come elemento purificatore protagonista di numerosi
riti sacri, nonché il fuoco come espressione di aggressività e di guerra. In entrambe
le lingue è stato possibile reperire interessanti locuzioni relativamente alle
tre accezioni evidenziate. Nella maggior parte dei casi abbiamo riscontrato una
corrispondenza assoluta di significato e di forma, che testimonia una larga
base di tradizioni popolari comuni; talvolta, invece, non siamo riuscite a
trovare alcuna corrispondenza, nonostante in questi casi le locuzioni
rimandassero a una caratterizzazione del fuoco condivisa a livello di senso
comune.
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[1] Per una definizione esaustiva e precisa
di “locuzione” si rimanda alle proposte di Leonor Ruiz Gurillo (1997), che
definisce le locuzioni come «unità fraseologiche equivalenti al lessema o al
sintagma» e di Gloria Corpas (1996), che offre la seguente definizione: «unità
fraseologiche del sistema della lingua con i seguenti tratti distintivi:
fissazione interna, unità di significato e fissazione esterna pasemática
(secondo il ruolo dell’interlocutore nell’atto comunicativo). Tali unità non
costituiscono enunciati completi e, generalmente, funzionano come elementi
orazionali».
[2] Si consideri che la scelta di delimitare
il campo di indagine alle sole locuzioni ha fatto sì che escludessimo tutte le
altre unità fraseologiche e, in particolare, i proverbi, presenti in grande
quantità in entrambe le lingue.
[3] Le locuzioni sono riportate in ordine alfabetico. Si è scelto di non distinguere le locuzioni sulla base della loro categoría grammaticale, ritenendo tale differenziazione ininfluente ai fini del presente lavoro.
[4]
La lingua sarda presenta diverse varietà dialettali: il campidanese (fogu; foghera),
il nuorese (focu; ocu), il gallurese (foggu), il sassarese (foggu). La scelta di attenerci al dialetto logudorese è
stata dettata dalla ricca quantità di materiale reperibile in questa varietà.
[5] Si rimanda alle fiabe di Melis “Come
Sant’Antonio rubò il fuoco al diavolo” (2004: 26), e Atzeni e Copez
“Sant’Antonio del fuoco” (2002: 88).
[6] Si tratta di una dermatosi acuta di
origine virale che colpisce prevalentemente soggetti adulti e anziani e provoca
manifestación fastidiose e spesso anche molto dolorose.
[7] Risulta curioso osservare la paremia che
recita «Agua de por San Juan, quita vino y no da pan», riferendosi all’importanza dell’arrivo
del bel tempo per la buona riuscita dei raccolti, che farebbe pensare ad una
relazione tra il Santo e un altro degli elementi basici, l’acqua.
[8] È un dolce a base di pinoli conosciuto
anche con il nome coca de San Joan.
[9] Non a caso gli attributi di San Giovanni
sono il fuoco e l’acqua con cui si battezzava.
[10] Risulta curioso osservare che a Pamplona,
in Spagna, si usa raccogliere erbe aromatiche da bruciare negli incroci delle
strade per scongiurare i fulmini e le tempeste; gettare le erbe nel fuoco
significa allontanare la malasorte.
[11] Trad. It. San Giovanni biondo/ corona del mondo/ corona del sole/ voi siete il signore/ il signore voi siete/ Cristo battezzaste/ con l’acqua e con il sale/ nel bene e nel male/ nel male e nel bene/ sorelle di piacere/ sorelle di allegria/ tutti compari e comari mie. Tratto da Parole in rima, una raccolta di poesie, canti e filastrocche sarde, a cura della maestra Fatima Porcu della scuola elementare di Martis (Sassari), 1999.